1.12.08

Il mare sotto


Era da più di due anni che non passavo la notte in nave e proprio non la ricordavo la sensazione di dormire sul mare. All'epoca non me ne rendevo conto. Ero lì buttato per terra sul ponte del traghetto, fumando sigarette, bevendo birra e divorando questo libro, una delle storie di amore più belle che io abbia mai letto. A pensarci bene è curioso che l'ultima bella cosa che ricordo con affetto della storia con la mia ex sia stato il saluto che mi fece poco prima di salire sulla nave. L'ultima volta che sentii il suo amore per me. Una volta salito la guardai da lontano. La potevo vedere anche da là sopra sorridere sotto gli occhiali da sole, con i denti che risaltavano ancora di più dall'abbronzatura, e poi andarsene verso la macchina, senza nessuna solennità nel passo. Del tutto naturale. Una volta tornato dall'altra parte, di nuovo sulla terra ferma, sarebbe cambiato tutto, come se il mare ci avesse definitivamente divisi solo per il fatto di non averlo riattraversato assieme o come se lei non fosse mai veramente tornata da là. Fatto sta che ancora oggi considero quella ragazza con i capelli scuri che mi salutava dal porto di Cagliari e che aveva tutto l'amore che io ero in grado di dare come semplicemente morta, sostituita da un'altra straordinariamente somigliante ma che da lì a poco tempo sarebbe riuscita a farsi odiare da me.

Il mare sotto non ti dà nessuna stabilità, equilibrio, sicurezza soprattutto quando, come oggi, è agitato dalle correnti e dal vento. Cammini per i ponti della nave come un ubriaco, senti i muscoli muoversi più del dovuto nel cercare di mantenerti dritto, e gli organi che sbattono tra di loro al tuo interno. Dopo un po' ti abitui, ma mai del tutto, cercando di fare altro per distrarti, con estrema fatica. Come te le altre persone cercano di fare lo stesso, con scarsi risultati. Forse è per questo che i bar delle navi sono così grandi, o che ci sia una sala cinema o ancora un tipo nella sala grande a fare piano bar e cantare qualche canzone per poi andarsene anche lui dopo poco più di mezz'ora, quasi ignorato dagli sguardi dei passeggeri fissi su un punto, quasi a voler raddrizzare il mare con la forza del pensiero. Sul treno, che spesso fa anche viaggi che durano di più, non se ne sente il bisogno. Sulla nave si. Andare nei ponti esterni non è di nessun piacere. Il mare appare nero e scuro tutto intorno, il fumarsi una sigaretta è più una necessità di tenersi impegnati o un pretesto per non rimanere sempre sottocoperta ma, ancora, non è di nessun piacere.

Accetti il lento passare del tempo con una mansuetudine sconosciuta nella vita normale. Una volta preso il mare non puoi fermarti, non puoi tornare indietro fino a quando non hai toccato terra, e se stai male non puoi farci niente e ne sei consapevole da quando i motori si accendono sotto di te e le vibrazioni iniziano a propagarsi attraverso le cose, producendo un fievolissimo suono di fondo costante e caotico che però si fa notare quando parli con le persone, quando ti rendi conto che il tuo modo normale di parlare non basta per farti sentire anche se ancora non c'è bisogno di alzare la voce.

Il mare ti toglie la convinzione di riuscire ad avere il controllo anche delle cose più semplici.

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